BINARI


Un treno fischia nella notte.
Tanti cuori, tante storie
su quei binari.


Scrivevo questi versi quindici, o sedici anni fa, non ricordo bene; due vite fa, possibilmente. In questi giorni, non so dirvi esattamente perché, ripensavo all'importanza che il treno ha avuto nella mia formazione di "viaggiatore fantasma".

All'inizio degli anni Ottanta Franco Battiato cantava: "Correvano veloci lungo le gallerie/I treni di una volta trasportavano le spie..." e io, nella mia fantasia di bambino, immaginavo questi lussuosissimi convogli popolati da loschi figuri portatori di chissà quali terribili segreti e armati con pistole silenziate e stiletti avvelenati. Una domenica di primavera - avrò avuto al massimo dieci anni - mio padre mi portò a visitare la stazione centrale e l'adiacente stazione marittima di Messina. Ricordo come se fosse stato ieri la meraviglia nell'osservare le carrozze attaccate le une alle altre procedere lentamente in ingresso e in uscita, i traghetti fare la spola lungo lo Stretto, i tabelloni aggiornati in tempo reale con le indicazioni degli arrivi e delle partenze, il grande mosaico realizzato su progetto di Michele Cascella. E poi gente, gente dappertutto: gente che andava, gente che veniva, gente che saliva lungo le scale, gente alla biglietteria, gente in attesa...

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Berlino, stazione centrale, luglio 2007

I primi viaggi da solo di una certa lunghezza li ho affrontati in treno. La prima volta fu verso Roma, in cerca di materiale per integrare la mia tesi di laurea, già in corso di redazione. Di quel viaggio ricordo soprattutto il tipo che alla stazione di Napoli salì in carrozza presentandosi in giacca e cravatta ed esordendo con le parole: "Gentili signori, premesso che non sono un drogato...", per poi soffermarsi sulla sua condizione di disoccupato che lo costringeva a cercare la carità dei viaggiatori.

Due anni più tardi la stazione di Santa Maria Novella a Firenze sarebbe stata uno dei luoghi principali della mia permanenza in quella città per via del servizio sostitutivo civile: vi facevano capolinea le principali linee di autobus, compresa la n. 7, che portava su fino a Fiesole, passando per San Domenico, sede della Scuola di Musica ove prestavo la mia opera di obiettore di coscienza. Santa Maria Novella era inoltre il luogo da cui partivo per le licenze verso casa, mille chilometri all'andata, e mille al ritorno, quando le strisce di marmo rosse e bianche del pavimento del salone in testa ai binari mi riaccoglievano nel capoluogo toscano.

La seconda stazione in ordine di importanza, Campo di Marte, rappresentava invece un lato dimesso, nascosto della città. Se Santa Maria Novella era l'ingresso principale, Campo di Marte era la porta di servizio, lontana dalle luci e dal colorato caos del centro, animata tutt'al più, la domenica a pranzo, dal servizio d'ordine della polizia per le partite considerate a rischio nel vicino stadio Artemio Franchi; ricordo in particolare il clima da guerriglia urbana il giorno di Roma-Fiorentina, con i reparti antisommossa schierati lungo le strade e gli elicotteri che volteggiavano nel blu del cielo terso di una bella giornata d'inizio primavera, indifferente - così sembrava - alla tensione sempre più palpabile in quel fazzoletto di Terra sotto di esso.

Solo che a Campo di Marte aveva sede la mensa del dopolavoro ferroviario convenzionata col nostro ente per il vitto. La sera vi facevano servizio, di solito, una simpatica signora di origine siciliana da molto tempo residente là, con la quale spesso mi intrattenevo a conversare nella sala semideserta, e una ragazza alta, dai capelli color carota (credo tinti) e quasi rasati, col piercing al naso e dallo sguardo perennemente dimesso - o forse, si rompeva semplicemente le scatole a stare là, avrebbe voluto fare altro nella sua vita, chissà; fatto sta che, a parte i dovuti saluti e ringraziamenti, non ci scambiai mai neanche mezza parola.

Tra il 1997 e il 1999 ho girato in treno per mezza Italia, da Aosta a Padova, da Avellino a Bologna, da Ravenna a Pistoia e a Lucca e poi ancora a Roma e a Firenze, tra ritardi paradossali come quelle 6 ore accumulate durante un temporaneo ritorno a casa per una licenza, o visioni destinate a essere cancellate dall'evoluzione dei tempi - il vecchietto che vendeva panini, caffè e bevande poste nei secchi col ghiaccio (lasciandosi il "pisciolino" dietro) sulla Roma-Napoli-Salerno; le dormite sui sedili o - nei periodi di maggiore affollamento - sugli strapuntini dei corridoi, viaggiando di notte per risparmiare tempo prezioso; e l'odore di treno che ti rimaneva addosso fino al momento in cui una sospirata doccia lo trascinava giù per lo scarico assieme alla stanchezza. Inizio e fine sempre contrassegnati, peraltro, dalla stele della Madonna della Lettera che per noi messinesi, credenti e no, rappresenta il viatico e il bentornato di ogni viaggio "in Continente".

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Messina, veduta notturna del porto, luglio 2005

Quella stagione finì col nuovo secolo: nel 2001, dopo più di un decennio dal mio primo viaggio all'estero nell'estate del 1989, varcai nuovamente i confini nazionali, alla volta della Slovacchia, ma in aereo, decollando da Bologna per arrivare a Košice via Praga. Oggi viaggio raramente in treno e comunque solo per tragitti di media lunghezza; fino a Roma ci arrivo, ma poi preferisco prendere l'aereo, che resta in ogni caso il mio mezzo di trasporto preferito in assoluto, anche se so che come impatto ambientale è secondo solo al gommato.

Ciononostante il treno, le stazioni e tutto ciò che vi si accompagna hanno significato molto nel mio vissuto.


Postilla marzo 2011

Tre anni dopo la composizione di questo scritto torno a parlare di treni, per correggere parzialmente ciò che avevo affermato nelle ultime righe, in quanto non solo ho continuato a viaggiare in treno per distanze ben superiori alla "media lunghezza", ma ho avuto modo di visitare due paesi esteri attraversandoli in lungo e in largo proprio con questo mezzo di trasporto.

shinkansen
In coda alla stazione centrale di Tokyo in attesa del treno, luglio 2008.
Notate le corsie colorate sulla piattaforma e il magnifico
shinkansen in secondo piano

Grazie al Japan Rail Pass, un abbonamento delle ferrovie giapponesi riservato agli stranieri o ai giapponesi non residenti nel paese del Sol Levante, ho avuto modo di compiere, tra il luglio e l'agosto del 2008, quello che fino a questo momento è stato il mio viaggio più intenso e straordinario. I treni giapponesi potrebbero tranquillamente essere definiti dei salotti su rotaie, tanta è la pulizia, l'efficienza e la puntualità di questi convogli che giornalmente spostano decine di milioni di persone da Hokkaidō a Kyūshū e viceversa. Non ho notizia di altri paesi dove i controllori e gli inservienti indossino divise con guanti bianchi e facciano il loro ingresso nei vagoni inchinandosi ai viaggiatori, né dove i treni si fermino con precisione millimetrica esattamente in corrispondenza delle corsie colorate, dipinte sulle piattaforme dei binari, che marcano l'accesso ai compartimenti.

L'anno successivo ho usufruito di una simile offerta da parte delle ferrovie finlandesi. Stavolta, grazie all'abbonamento potevo spingermi anche là dove le rotaie non arrivavano, a nord del Circolo Polare Artico, ricorrendo a spostamenti in pullman. Alla stazione centrale di Helsinki, costruita su progetto di Eliel Saarinen nel 1914 e caratterizzata dalle famose grandi lanterne antropomorfe, ha avuto inizio e fine un percorso che mi ha portato dalle rive del Baltico fino alle colline tunturi coperte di foreste e ai sassosi crepacci della Lapponia.

giganti
I "giganti" della stazione ferroviaria di Helsinki, luglio 2009

I treni finlandesi son ben lungi dall'eleganza di quelli giapponesi, ma in quanto a puntualità neanche qui si scherza. Inoltre, dal momento che le ferrovie in Finlandia passano spesso per luoghi poco toccati dalla mano dell'uomo (ad eccezione della stessa linea ferroviaria, ovviamente), attraversando fittissimi boschi e percorrendo ponti che sembrano galleggiare sulle acque, d'un blu inverosimile, dei numerosissimi laghi che punteggiano quel paese, viaggiare in treno offre una buona opportunità per ammirare le bellezze naturali locali.

Però son costretto anche a notare che mette non poca amarezza ricordare i treni a lunga percorrenza che collegavano la Sicilia al resto d'Italia, treni che sono stati in larga parte dismessi per colpa di uno sciagurato piano di riordino della rete ferroviaria da parte di Trenitalia, con l'infame corollario di casse integrazioni e chiusura di strutture annesse. Per le nostre ferrovie nazionali pare che il paese si fermi a Roma o tutt'al più a Napoli. Fin là, l'alta velocità. Più a sud, se non fosse per l'elettrificazione, saremmo ancora al tempo di re Umberto I.

Treni e traghetti da e per la Sicilia sono sempre più rari, più sporchi, più affollati e meno puntuali. Però i costi per l'utenza aumentano. Alla faccia del vincolo territoriale e dei pomposi proclami inneggianti alla "qualità" di Trenitalia.